L’abbiamo studiato nel primo corso di elettrotecnica. Se vogliamo misurare la corrente assorbita mettiamo in serie al circuito una resistenza, misuriamo la tensione ai sui capi con un voltmetro e tramite la legge di Ohm sappiamo ricavare la corrente che scorre.
Per cambiare scala, basta cambiare la resistenza del circuito di misura, tipicamente mettendone una di valore opportuno in parallelo (shunt) e il gioco è fatto.
Tutto facile? Mica tanto se la corrente (e quindi la tensione misurata) varia in una frazione di microsecondo da 1 µA a 1 A, ossia di un milione di volte.
Se impostiamo il fondo scala dello strumento per vedere bene la corrente di 1 A, la corrente a riposo dell’ordine dei µA sarà probabilmente immersa nel rumore di fondo dello strumento, ma per noi è altrettanto importante, in quanto la correnti negli stati di riposo hanno un’enorme influenza nella durata della batteria.
Inoltre, c’è un’ulteriore complicazione.
In alcune applicazioni le corrente le correnti nello stato attivo e a riposo sono note con discreta approssimazione, ma bisogna verificare se davvero l’apparecchio si attiva nelle condizioni e con le frequenza che ci aspettiamo.
Dobbiamo allora osservarlo per un intervallo di tempo piuttosto lungo per caratterizzarlo in condizioni realistiche e identificare eventuali attivazioni non previste o non necessarie per la funzionalità che intendiamo garantire e che farebbero solo consumare inutilmente di più.
Cosa servirebbe allora? Uno strumento con una dinamica di misura della corrente elevatissima (dal nanoAmpere all’Ampere) e con funzioni di data logger per osservare il comportamento sul lungo periodo.