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Rete DVB-T isofrequenziale
Rete isofrequenziale (SFN) per l’irradiazione di segnali DVB-T

La possibilità di realizzare reti di diffusione isofrequenziali, o SFN (Single Frequency Network) è uno dei principali vantaggi ottenuti con l’impiego della modulazione OFDM nei sistemi DVB-T e DVB-T2 utilizzati nella televisione digitale terrestre.

Nelle, reti isofrequenziali, però, cresce il rischio che i fenomeni di eco dovuti alla riflessioni ‘accechino’ gli strumenti di misura tradizionali, proprio quando servono per identificare l’origine di un degrado della qualità del segnale.

Vediamo perché e scopriamo come un’interessante soluzione proposta dell’azienda spagnola Gsertel, appartenente al gruppo Televes, si propone di risolvere il problema.

In Italia la maggior parte delle reti di diffusione del segnale televisivo terrestre sono di tipo isofrequenziale o SFN, il che offre l’indubbio vantaggio di massimizzare il numero di reti ricevibili in una data area perché praticamente nessuna frequenza va sprecata e i trasmettitori che irradiano il segnale operano tutti sulla stessa frequenza, anche quando coprono aree limitrofe.

Con le tecniche analogiche le reti isofrequenziali erano pressoché impossibili da realizzare, poiché nelle zone dove si sovrappongono i segnali di due trasmettitori sulla stessa frequenza si creano fenomeni di eco o di cancellazione distruttiva dei segnali dovuti alla discordanza di fase con la quale il ricevitore capta due segnali di contenuto identico che provengono da trasmettitori diversi.

La modulazione OFDM è stata invece pensata proprio per ‘tollerare’, entro certi limiti, gli echi e le copie dello stesso segnale che giungono al ricevitore con ritardi e fase diverse.

Il parametro che permette di far tollerare al ricevitore copie del segnale ritardate tra loro è il cosiddetto tempo di guardia, che è un tempo inefficace alla trasmissione di dati utili, ma che viene aggiunto dopo ogni simbolo trasmesso per far convivere interferendo tra loro i segnali giunti da trasmettitori diversi, evitando l’insorgere di fenomeni di interferenza intersimbolica che renderebbero impossibile la corretta demodulazione dei simboli trasmessi.

Più è lungo il tempo di guardia esistente tra un simbolo e il successivo, più si possono tollerare copie interferenti dello stesso segnale che giungono in ritardo al ricevitore sotto forma di echi causati da riflessioni o perché giungono da trasmettitori diversi irradianti lo stesso segnale.

La difficoltà di misura dei segnali scadenti

Il principio fondamentale sul quale sono basate molte misure di qualità di segnali modulati digitalmente prevede che lo strumento di misura acquisisca e demoduli il segnale ricevuto e lo confronti con un segnale ‘perfetto’ ricostruito matematicamente a partire da quello ricevuto.

Tale principio è alla base di tutti i parametri di qualità della modulazione digitale, come il modulo del vettore errore (EVM) e tutti gli altri parametri da esso derivati, come il MER nel caso della diffusione di segnali televisivi DVB-T.

Ma cosa succede quando al ricevitore giungono copie del segnale ritardate del segnale di intensità significativa con un ritardo superiore al tempo di guardia?

Semplice e drammatico: nascono i fenomeni di interferenza intersimbolica che confondono il demodulatore, che non è quindi in grado di decodificare il segnale ricevuto per ricavarne il riferimento sulla quale basare le misure di qualità. In altre parole, lo strumento diventa ‘cieco’, e proprio nel momento del bisogno.

Si tratta di un problema che si verifica più di frequente nelle reti SFN, in quanto la presenza di segnali identici emessi sulla stessa frequenza e potenzialmente interferenti tra loro è proprio parte integrante dell’architettura di queste reti.

Per identificare da dove arriva o se si è in presenza di segnali o echi indesiderati bisogna ricorrere a principi di misura diversi, che non necessitino di comprendere e demodulare il segnale ricevuto, proprio perché in condizioni di scarsa qualità l’operazione è impossibile.

Tra le soluzioni possibili vi è un nuovo algoritmo di misura brevettato messo a punto da Gsertel che sfrutta il profilo di ritardo del cammino di propagazione del segnale o PDP (Path Delay Profile).

In sostanza, si tratta di una misura che agisce direttamente sul segnale a radiofrequenza, disinteressandosi del contenuto informativo dello stesso, e che consente di arrivare a una stima dei segnali di eco pervenuti al ricevitore.

Poiché al ritardo dei segnali ricevuti si può associare la distanza percorsa, è possibile cercare di comprendere da quale trasmettitore arrivano, per via diretta o riflessa.

Analizzatore di spettro Gsertel BSA 331 con funzionalità PPDNella figura è riportata una misura eseguita con l’analizzatore di spettro BSA 331 di Gsertel potenziato con la funzionalità PPD.

Lo strumento è in grado di identificare segnali che giungono al ricevitore con un ritardo fino a 1148 μs, equivalente a una distanza dal trasmettitore di 344 km, e quindi ben oltre il tempo di guardia ammesso dalle norma DVB-T.

Interessante il fatto che, nonostante non possa demodulare il segnale ricevuto a causa degli eccessivi echi, lo strumento possa comunque mostrare i parametri di modulazione che caratterizzato il trasmettitore (nella figura sistema a 8 MHz con 8k portanti).

Ancora più interessante il fatto che il metodo di misura prescinde dal tipo di modulazione utilizzato, ed è quindi adatto a rilevare anche i segnali trasmessi con le nuove modulazioni del sistema digitale terrestre di nuova generazione DVB-T2.

Commenti   

+2 #1 mattia 2008 2011-03-26 21:12
strumento interessante
vorrei saperne di piu
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