L’idea di base per misurare l’intermodulazione passiva è molto semplice e deriva dalla sua stessa definizione vista prima.
Si iniettano due sinusoidi nel dispositivo o cavo da verificare e dall’altro capo con un misuratore di potenza e/o analizzatore di spettro si verifica la potenza delle varie componenti di frequenza trovate. Si tratta di un metodo che va benissimo in laboratorio e che viene comunemente usato per le prove di qualificazione dei materiali.
Nelle installazioni sul campo il problema è però ben diverso, in quanto non è certo possibile accedere comodamente ai due estremi del cavo di collaudare. Tipicamente il problema dell’intermodulazione passiva insorge nella tratta che collega l’uscita dell’amplificatore con l’antenna, per cui è molto più comodo utilizzare un sistema di misura capace di funzionare accedendo da un solo lato del cavo.
I sistemi pensati per l’utilizzo sul campo funzionano pertanto secondo un principio leggermente diverso: iniettano sempre un segnale composto da due sinusoidi di prova, ma anziché misurare il segnale uscente dall’estremo opposto, analizzano il segnale che per riflessione ritorna al punto di partenza.
Nei casi pratici esiste un altro problema: il fenomeno dell’intermodulazione passiva spesso insorge solamente in caso di presenza di segnali di potenza piuttosto elevata, per cui affinché le verifiche e le misure siano realistiche, anche i segnali di stimolo è bene che siano di potenza elevata, il che ovviamente rende più difficoltoso realizzare sistemi di misura facilmente trasportabili.
Per esempio, lo standard IEC 62037 dedicato alla misure dell’intermodulazione passiva prevede l’utilizzo di due portanti sinusoidali da 20 W (43 dBm) ciascuna, ma per avere risultati più realistici sarebbe utile disporre anche di sorgenti di segnale di maggior potenza.
Durante l’esecuzione delle prove è poi fondamentale ‘picchiettare’ i punti di discontinuità dei cavi per vedere se e dove la stimolazione meccanica crea fenomeni di intermodulazione che superano i limiti. Gli strumenti di misura dedicati all'intermodulazione passiva sono pensati anche per regitstrare le misure anche durante il 'tapping' meccanico realizzato scuotendo i cavi e picchiettando la struttura e i suoi connettori.
Gli strumenti specializzati per effettuare misure di intermodulazione passiva sul campo sono di solito in grado di variare non solo la potenza del segnale di stimolo secondo necessità, ma anche di scomporre il segnale riflesso nelle sue componenti di vario ordine, anche se solitamente ci si concentra sulla potenza dell’intermodulazione del terz’ordine, che rappresenta l’indicatore più affidabile per individuare l’insorgenza del fenomeno.
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